Dopo ormai 2 anni di approfondimento che faccio del fenomeno sharing e dopo numerosi tentativi di contaminare la cooperazione sociale (e il terzo settore in genere) con l'economia della collaborazione (o per meglio dire con quello che di cultura e di strumenti questo mondo ci porta), oggi di tutto questo mi viene da pensare a due cose veramente importanti, due cose su cui non mollare e da cui non prescindere:
- il valore del ritrovamento.
- il valore della collaborazione in sé.
1 - Il valore del ritrovamento.
Il valore del ritrovamento perchè in questa intersezione tra cooperazione sociale e sharing....
- ...ritroviamo alcune prassi legate al passato dove la fiducia “ri”permette di “ri”costruire legame sociale attraverso lo scambio, la condivisione, la collaborazione.
- ...ritroviamo una narrazione vincente. La cooperazione sociale, il terzo settore in genere nella cultura sharing ritrova l'alfabeto della "sua" cultura.
- ...ritroviamo l' entusiasmo. Dato dalla forte freschezza e vitalità del mondo sharing.
- ...ritroviamo il ruolo abilitante. Che la sharing ha costruito anche grazie alle potenzialità delle piattaforme e che il nostro mondo può tradurre facilmente in "abilitazione relazionale”.
2 - Il valore della collaborazione
Il valore della collaborazione perchè in questa intersezione tra cooperazione sociale e sharing....
- ...si alza il livello potenziale di chi può contribuire....cercando forme nuove e più dentro i nostri contesti che “ingaggino” nuovi compagni di viaggio (dal panettiere al fab lab, dall'economia civile al nuovo Ente pubblico ecosistema favorevole).
- ...si sviluppano processi che escano dall'unidirezionale percorso “aiutato-chi aiuta” per sconfinare verso modelli di aiuto e di servizio che circolano e che sviluppano processi circolari, virtuosi che mettono nel mezzo persone, cittadini, economie senza il necessario passaggio o di tipo Ente pubblico/utente o di tipo ente erogatore/assistito.
- ...ci spostiamo e assumiamo una nuova postura quindi. Cioè modifichiamo il nostro punto di operatività da dentro i servizi a nel mezzo alla comunità per puntare al massimo all'utilizzo (perdonate il termine utilizzo) del bene relazionale.
Ma se così è allora dobbiamo fare “solo” (si fa per dire) 3 azioni/movimenti e poi parallelamente un quarto atto che è quasi una cornice.
Le 3 azioni/movimenti sono:
- traduzione e consapevolezza. Il nostro mondo, i nostri operatori, i nostri dirigenti...hanno ancora bisogno di capire bene cosa è questa narrazione e pratica sharing. Ma hanno bisogno di capirla attraverso passaggi leggeri da dentro le azioni tradizionali.
- sharing come strumenti. Le piattaforme, i nuovi contesti lavorativi, le forme open, ecc...sono strumenti (“solo” strumenti) da inserire nel kit già esistente.
- mettere insieme tutti i sistemi collaborativi. La pratica sociali di cooperative, di associazioni, ecc. è ricca di fatti collaborativi. Quella parte va recuperata e reinserita in un unico contenitore che da oggi e soprattutto da domani sia alimentato anche dalle pratiche delle nuova economia sharing.
E il quarto atto, parallelo ma necessario per dare compimento al tutto, è l'acquisizione di un lessico nostro di una nuova narrazione che senta l'utilità di parlare e praticare piattaforme “abilitanti” (off line o on line che siano...tanto ognuno ha bisogno oggi dell'altro).